4 aprile 1971

novembre 6, 2013 No Comments »

 

Il giorno in cui Chieti s’innamorò del Basket

Domenica 3 Novembre 2013, Pala Leombroni, Raschi subisce un fallo e va in lunetta, in duemila sugli spalti trattengono il fiato, guidando la mano del “professore”. 2/2 e si va sull’80 a 77, Agrigento va al tiro da tre e …sbaglia sul suono della sirena. Coach Marzoli, in piena trance agonistica, sfida con i pugni verso il cielo gli avversi numi del basket, che lo hanno costretto a fare a meno di mezza squadra. il Pres Di Cosmo non gli è da meno e improvvisando una danza di gioia, sfoga così tutta la tensione accumulata in quaranta drammatici minuti. E tutto intorno il pubblico ebbro di felicità intona un grido ritmico e possente TI - CHI - E - TI - CHI - E - TI. È un déjà vu, un vissuto familiare, si apre uno squarcio sul telo che ammanta la memoria più lontana. Si viaggia nel tempo e si torna ragazzi.

Che Chieti ami il basket è fuor di dubbio ! Che come ogni grande amore anche questo abbia avuto una storia tormentata è altrettanto vero. Sembrava tutto finito e cancellato nell’oblio e invece … Le grandi passioni sembrano a volte sepolte dalla polvere degli anni ma in realtà sono solo sopite e covano sotto le ceneri. Basta una semplice scintilla per riaccendere gli ardori di una città pigra e sonnacchiosa ma di grande e autentico sentimento.  Come tutte le storie d’amore anche questa si nascondeva tra le pieghe della vita, si faceva fatica a ricordarla forse perché voleva celarsi, per stare al riparo e non sgualcirsi sotto il peso della quotidianità e delle sue necessità. Ma è nel ricordo che le cose acquisiscono il loro autentico valore ed per questo che all’improvviso il passato prorompe e riaffiora.  Allora nulla diventa più urgente che andare alla ricerca di quel tempo perduto. È la storia di un amore, è la storia di una passione. C’è qualcosa di più bello da rivivere ? Naturalmente non è possibile raccontare tutto nella sua interezza, dettagliare è compito dello storico, ma posso provare, con la modestia dello “scrivano sentimentale”, a regalare ai più vecchi un po’ di sana nostalgia e ai più giovani un pizzico di speranza.

Quando tutto ebbe inizio? Quando sbocciò la passione tra l’antica e austera città di Chieti e il più moderno degli sport di allora ? Quale fu il momento esatto che cementò nel cuore dei teatini l’amore per la pallacanestro? Ci sono molte scuole di pensiero a riguardo ma a mio avviso c’è una data cruciale,  quella del 4 aprile 1971. Era bella Chieti in quegli anni, molto diversa dall’attuale, piena di giovani e di speranze. Si transitava ancora in auto per il Corso Marrucino ma questo non impediva il passeggio serale e il rito delle vasche. Il gelato lo si andava a prendere da Sor Paolo e i quaderni li si acquistava dalle Sorelle Di Nardo. Il calcio si giocava, ancora per poco, alla Civitella e il basket nel campo all’aperto della Villa Comunale, dove per quelli della mia generazione si imparava a tirare a canestro, sfidandosi a 31. Appuntamento fisso, sugli spalti in legno, alla domenica mattina per la partita della Birra Moretti. Si giocava alle 11:00  in ogni condizione climatica, neve, pioggia e vento non erano considerati fattori oggettivi d’impedimento delle gare. I giocatori, lunghi, dinoccolati e qualche volta anche poco atletici, rischiavano la vita, pattinando sul fondo lucido della lunetta ma per noi ragazzi il basket da palazzetto era ancora un’idea astratta e ideale quanto le  sbiadite immagini televisive in bianco e nero delle partite del Simmenthal Milano, dell’Ignis Varese o dell’Oransoda Cantù.

Per la verità l’arena all’aperto della Villa Comunale di Chieti, sede tanto improbabile di questo sport in inverno, ai primi di giugno diventava la splendida cornice che ospitava i più grandi e celebrati campioni del basket di quei tempi. Armata Rossa, Zadar, Jugoplastica e persino il Real Madrid onorarono con la loro presenza il Torneo di Chieti, presentando ad un pubblico ingenuo e famelico di basket gli atleti più celebrati del momento. Erano gli ultimi giorni di scuola, si faceva “filone” e si andava a scrutare i giganti  che si allenavano. Erano tutti “strani” o almeno così ci apparivano, venivano da un altro pianeta dove si generavano enormi uomini scolpiti grossolanamente che si muovevano a passi lenti e cadenzati. Ci sembravano tutti straordinariamente “uguali” ma ricordo di esser rimasto personalmente impressionato da uno di essi, lunghissimo e magrissimo. Sembrava un airone, aveva gambe e braccia smisurate, una testa piccolissima e un modo assolutamente sgraziato di camminare ma quando giocava si trasformava in un ballerino della Scala, fornendo delle interpretazioni di gioco assolutamente originali. Era Kresimir Cosic ! Alla sera eravamo tutti sugli spalti ad applaudire quei marziani, con l’orgoglio della diretta televisiva nazionale di Andrea Giordani. Vale appena la pena di ricordare che il monopolio RAI era ancora ben saldo e che i canali erano solo due, il primo e il secondo. Una volta all’anno Chieti, marginale provincia di una regione altrettanto periferica e sconosciuta come l’Abruzzo, era in vetrina, al centro dell’Italia, del Mondo, dell’Universo intero e tutto questo grazie al Basket, una nuova Chiesa che cresceva, ogni giorno di più, di nuovi proseliti. A questa Chiesa mancava solo un Profeta che indicasse con chiarezza i principi della nuova fede ma questi non si fece attendere molto.

Nell’anno del Signore 1970 apparve infatti all’orizzonte l’uomo della Provvidenza, il serbo Todor Lazic, subentrato al bravo ma algido Sinkovic, un altro grande allenatore slavo, che aveva avuto il merito di costruire la struttura portante della squadra. “Todòr”, fisico e barba da boscaiolo, era un uomo carismatico, anche se allora questo aggettivo era ancora ben lungi dall’entrare nel vocabolario degli sportivi. Era un uomo di certezze e poteva plagiare qualsiasi modesto giocatore fino al punto di fargli credere di essere un campione nato. Era un Mourinho ante litteram, che al pari dell’uomo di Setubal era capace di far rendere al 120% tutti i giocatori a sua disposizione. Le solite pastoie burocratiche gli impedivano di sedere in panchina. Poco male ! Una delle tre tribune della Villa Comunale era a ridosso del rettangolo di gioco e quindi il serbo non aveva alcun impedimento, nelle partite casalinghe, per dirigere la squadra. Il campionato di serie C era a quei tempi la terza serie nazionale e veniva subito dietro la Serie A, a dodici squadre, e i due gironi di Serie B, entrambi composti da 12 franchigie. Era un campionato difficile e selettivo, fuori casa era terribilmente difficile giocare, i campi di gioco erano spesso fatiscenti, gli arbitraggi quasi sempre smaccatamente casalinghi e i tifosi minacciosi e aggressivi spesso sino all’inverosimile.  La maggior qualità tecnica era quindi spesso  un fattore che non bastava per imporsi. Bisognava avere gli attributi per passare indenni su campi come Sassari, Cagliari, Livorno o Siena ma fortunatamente la Birra Moretti stagione 1970/71 dimostrò una virilità, per non uscir di metafora, divenuta negli anni leggendaria.

Il roster, fatta eccezione per capitan Secondini, vecchio pirata pesarese, era composto da giocatori giovani, in qualche caso giovanissimi, che negli anni successivi avrebbero in larga parte composto l’ossatura della squadra anche in categorie più altolocate. Sotto canestro svettava l’immenso, non per statura visto che a stento toccava i due metri, Piero Dindelli, un ragazzo marchigiano destinato ad essere un centro capace di battersela con gli americani. Gli dava una mano sotto le plance il capitano Secondini, un’ala grande con tanta malizia ed esperienza. Sul perimetro si disponevano nello starting five Filippo D’Ottavio, un’ala piccola dal gran tiro, il compianto Sandro Leombroni, gloria locale di ritorno da Bologna, e il play Stefano Pizzirani, un dinamico ed instancabile costruttore di gioco. Di rincalzo oltre a Dotto, lungo di riserva, c’erano l’ala Renato Mancinelli, futuro padre del Mancio nazionale, e due giovanissimi prodotti locali, il play guardia Dante Anconetani, lanciato verso una carriera di primo livello, ed Enzo Marzoli, giocatore di buoni mezzi fisici e di un tiro perimetrale mortifero, nonché fratello di Nino, che già fungeva, ancora imberbe, da secondo a Lazic. Come decimo si alternarono in tanti, tutti giovanissimi e teatini al 100%, da Micucci a Del Pizzo, a Cardo, a Di Martino, a Rocchetti, a D’Angelo, fino ad un certo … Gianni Di Cosmo, che assommò quell’anno ben tre presenze in panca. La rotazione di otto/nove uomini fu l’arma vincente di quella squadra, capace con gran secondi tempi di rimontare spesso anche svantaggi importanti.

Tre giornate alla fine della stagione regolare, la classifica vede prima la SNIA Rieti con 34 punti, seguita a  due punti di distanza dalla Birra Moretti Chieti. Il calendario offre a questo punto l’occasione per i biancorossi di pareggiare i conti, ospitando i laziali sul campo della Villa Comunale. Sono le 11.00 di domenica 4 aprile 1971, quando gli arbitri Zaratin e Furlan di Monfalcone alzano la palla alla presenza di un mare di folla, stipata sulle tre gradinate  in tubi Innocenti posizionate a ridosso del perimetro di gioco. Molti ragazzi sono saliti sui tigli che ombreggiano sul campo, altri sulla struttura in muratura che un tempo era usata per sostenere il telo del cinema all’aperto. 1500/2000 tifosi si ammassano pericolosamente in un’area ridottissima. Oggi nessun questore o prefetto sano di mente autorizzerebbe mai una partita giocata in termini di sicurezza cosi precariamente ma allora erano altri tempi e si era più fatalisti o forse più inconsapevoli o soltanto più incoscienti. Il frastuono è indescrivibile, il pubblico è composto in larghissima parte da giovani e giovanissimi, il basket è uno sport “nuovo” e i “vecchi” fanno fatica a capirlo. Non è un caso che la tifoseria sia guidata da uno dei prime organizzazioni di tifosi, il quale ha scelto di chiamarsi “Basket Junior Club”. I giocatori in campo fanno fatica a percepire i fischi arbitrali, la folla è un’onda irregolare e minacciosa, l’atmosfera è bollente e un po’ contrasta con la placida mattinata primaverile.

La partita è a senso unico, la Moretti, nonostante un Dindelli acciaccato per un guaio muscolare e una dolorosa scavigliata di Leombroni nel riscaldamento pregara, va subito avanti nel punteggio, rintuzzando i timidi e sporadici tentativi di rimonta dei reatini e ampliando progressivamente il vantaggio. Il primo tempo si chiude 40-25 per i padroni di casa. Sandro Leombroni è commovente, non riesce a giocare più di una decina di minuti ma è il protagonista assoluto di quella prima frazione, difendendo come un forsennato e concludendo con la solita sua precisione. Ha messo a segno già 11 punti quando a 10’ dalla fine del tempo va a sedersi in panchina vinto dal dolore. Sale in cattedra a quel punto Piero Dindelli, che, pur strappato e messo in campo con una dose da cavallo di antidolorifico, gioca una delle più belle partite della sua lunga e feconda carriera. Alla fine metterà 14 punti nel carniere, raccogliendo la sua solita valanga di rimbalzi sotto le plance. Nella ripresa Rieti tenterà disperatamente di assottigliare lo svantaggio ma vanamente. La partita è aspra e fallosa, Marzoli, Secondini e D’Ottavio saranno costretti ad uscire dalla gara anzitempo per aver raggiunto quota cinque falli ma alla fine grazie anche alla vena di Enzo Marzoli, Stefano Pizzirani e Dante Anconetani il risultato è nettamente favorevole ai ragazzi di “Todòr”, che chiudono con un perentorio 67-49. Il mare di folla al suono della sirena trabocca gli argini ed esonda in campo, Lazic, che tatticamente si è letteralmente bevuto il suo collega reatino Perella, è portato in trionfo. Un grido ritmato si sprigiona … TI-CHI-E-TI- CHI-E-TI-CHI-E-TI … un urlo di liberazione, un mantra, le energie compresse e in qualche caso represse di una generazione in attesa di entusiasmi e di nuove speranze si libera in quel tardo mattino. Sboccia in quel momento preciso l’amore di Chieti per il basket, una passione a volte celata ma mai rinnegata, anche nei momenti più bui e contrastati della vita di questa città. Negli occhi e negli sguardi di tanti che popolano ancora adesso la tribù del basket teatino posso ancora intravvedere i riflessi e i segni lasciati da quell’antica emozione nata il 4 aprile 1971. E’ forse un caso che il Pres. Gianni Di Cosmo e coach Nino Marzoli guidino con rinnovato entusiasmo e con inesauribile energia il ritorno del Basket chietino sul palcoscenico della Lega Due ? Non credo ! Quel giorno anche loro erano lì, sono passati 42 anni ma basta, a loro come a noi, chiudere gli occhi per tornare a sentire crescere dentro l’eco di quell’urlo … TI-CHI-E-TI-CHI-E-TI. Miracolo, in un attimo si torna tutti ragazzi. In un momento sguardi segnati dalla stanchezza del vivere tornano “ridenti e fuggitivi”. Il dio del basket contagia tutti di un entusiasmo irrefrenabile. Chi ha avuto la fortuna di incontrarlo, faccia di tutto per mantenerne vivo il ricordo dentro di se. Non invecchierà mai !

P.S.

La partita raccontata ebbe la sua degna appendice in un epico spareggio giocato tra Birra Moretti Chieti e Sebastiani Rieti nella cornice del Pala Lido di Milano ma questa è un’altra pagina di storia cestistica da onorare a parte. Quando anche questa storia si affaccerà all’uscio della mia memoria e mi imporrà di raccontarla ? Non lo so, spero presto.

Massimo Renella

 

Qualche anno dopo …. (foto by Nino Esposito)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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